lunedì 7 settembre 2009

04. Gli Ebrei

La dominazione persiana, che si protrae per quasi due secoli (539-332) è forse il miglior periodo per gli ebrei, i quali, ad ondate successive, fanno ritorno nella propria patria, dove sono lasciati liberi di professare la propria fede.
Nel 458 il re Artaserse invia in Palestina un proprio funzionario ebreo, Esdra, allo scopo di migliorare l’organizzazione di quel paese, che lascia alquanto a desiderare. Esdra vuole innanzitutto distinguere gli ebrei dal resto della popolazione, in modo che quando Dio vorrà mandare il messia, questi potrà facilmente riconoscerli e beneficiarli secondo quanto previsto nella sua Promessa. A tale scopo, essi dovranno ripudiare le mogli straniere e i figli avuti da esse, evitare la commensalità con gli stranieri, osservare il riposo sabbatico e praticare la circoncisione. Le conseguenze della riforma esdriana sono notevoli: da un lato, essa rafforza il sentimento nazionale degli ebrei, che si confermano nella convinzione di essere il popolo eletto, si stringono intorno alla figura del sacerdote (ierocrazia) e si dispongono ad attendere il «giorno del Signore»; dall’altro lato, vota gli ebrei all’isolamento e alla condizione di popolo-paria.
Con la caduta dell’Impero persiano ad opera di Alessandro Magno, molti ebrei si trasferiscono ad Alessandria, dove, grazie anche alla politica di tolleranza attuata da Alessandro e dai suoi successori, i Tolomei, danno vita ad un vivace movimento culturale ebraico. Essendo ormai grecofoni, questi ebrei avvertono l’esigenza di tradurre la Bibbia in greco, rendendola così accessibile all’Occidente, dove avrà un successo travolgente.
La situazione cambia con l’ascesa al potere dei Seleucidi, i quali, volendo imporre ad ogni costo la cultura ellenistica, finiscono per mettere a grave rischio l’identità nazionale ebraica. La situazione si fa critica sotto Antioco IV Epifane (175-163), che sottopone gli ebrei ad ogni sorta di vessazione e li pone nelle condizioni più umilianti di tutta la loro storia, ancora peggiori di quelle che si erano verificate sotto la dominazione assira e babilonese. Egli depreda il tesoro del tempio, distrugge le Sacre Scritture, emana leggi antireligiose e minaccia la pena di morte a coloro che praticano il culto giudaico (1Mac 1, 45-50). È la prima persecuzione religiosa della storia.
In un piccolo villaggio della Giudea vive un vecchio sacerdote, di nome Mattatia, coi suoi 5 figli, Giovanni, Simone, Giuda, Eleazaro e Gionata che, in quanto discendenti da un certo Asmoneo, sono noti anche col nome di Asmonei. Quando il funzionario regio ingiunge a Mattatia di offrire un sacrificio al dio pagano, questi rifiuta (1Mac 2,1ss) e, insieme ai figli ed ad altri ribelli, si dà alla macchia, iniziando una guerriglia contro i Seleucidi e gli Ebrei collaboranti (167).
Alla morte di Mattatia il comando passa a Giuda (166-160), detto Maccabeo (il martello), uomo coraggioso e capace, che organizza la resistenza su vasta scala e punta all’indipendenza della nazione. Nel 160 Giuda muore in battaglia e al suo posto si insedia Gionata (160-143), che muore assassinato. Gli succede Simone (143-135), il quale ottiene la libertà religiosa (1Mac 6,58-59) e il riconoscimento dell’indipendenza del suo paese (1Mac 15,1ss), oltre al titolo di sommo sacerdote, col diritto a trasmetterlo in eredità. Nasce così la dinastia asmonea.
A causa della loro politica, tutta finalizzata al perseguimento dei propri interessi, gli Asmonei finiscono per perdere l’appoggio e la stima di buona parte della popolazione, che comincia a considerarli degli usurpatori del trono di David e così il loro potere si indebolisce.
Nel 40 il triumviro Marco Antonio induce il Senato romano a proclamare re di Giudea un certo Erode il Grande (37-4), idumeo di origine, ma ebreo di religione, mentre è sommo sacerdote l’asmoneo Antigono. Dopo tre anni di guerra, e con l’aiuto dei Romani, Erode conquista Gerusalemme e fa decapitare Antigono (37). Finisce così la dinastia degli Asmonei.
Alla morte di Erode (4 a.C.) la Giudea viene annessa alla provincia della Siria e governata da procuratori romani e da un Consiglio di anziani presieduto da un sommo sacerdote, il Sinedrio. Gli ebrei si mostrano insofferenti al nuovo assetto politico e danno vita a numerose rivolte antiromane.
Nel 18 d.C. diviene sommo sacerdote Caifa, mentre, intorno al 26, il procuratore romano è Ponzio Pilato (26-36), che rimarrà molto famoso nei secoli per aver presieduto al processo contro Gesù di Nazaret (30). Pilato vuole romanizzare la regione e non si fa scrupolo di profanare il tempio facendo issare nelle sue vicinanze due stendardi con l’effigie di Cesare (26). Gli ebrei protestano accampandosi minacciosi intorno alla sua abitazione fino a quando gli stendardi vengono rimossi. I contrasti con la popolazione locale inducono Pilato a trasferire la capitale della regione da Cesarea a Gerusalemme per poter meglio controllare le continue ribellioni.
Negli anni 27-30 Gesù di Nazaret percorre le strade di Galilea predicando l’amore per il prossimo e annunciando l’imminente avvento del regno di Dio sulla terra. Molti pensano che sarà proprio lui il primo re del nuovo regno, vale a dire il messia, che gli ebrei aspettano da tempo. Sotto questo aspetto, la legge romana vede in lui un pericolo e lo condanna alla pena capitale (30).
Alcuni seguaci, tuttavia, credono che egli sia resuscitato e ne aspettano il glorioso ritorno, insieme all’inaugurazione del Regno, e badano a comportarsi in modo tale da essere giudicati degni di entrare a far parte di esso. A capo di questa piccola comunità, che aspetta il ritorno del Signore, c’è Stefano, un ebreo di lingua greca non originario della Palestina. Considerato un sovversivo, anche lui viene processato e condannato a morte dal Sinedrio. Sentendosi minacciati, molti membri della comunità si allontanano da Gerusalemme e si disperdono nell’impero, fondando chiese in Fenicia, a Cipro e ad Antiochia, dove, per la prima volta, vengono chiamati cristiani.
Nel 40, la comunità cristiana di Antiochia viene raggiunta da Paolo di Tarso, anch’egli un ebreo non originario della Palestina, che è convinto che Cristo sta per ritornare sulla terra e farà entrare nel suo Regno anche i non-ebrei, i cosiddetti gentili. Egli ritiene pertanto che, per salvarsi, non è necessario il tempio, ma è sufficiente l’osservanza della Legge. Nel 58 Paolo giunge a Gerusalemme, portando con sé del denaro precedentemente raccolto con una colletta, ma le sue idee non sono gradite in questa città, tanto da essere causa di disordini e da indurre i romani ad arrestarlo.
Per gli ebrei gerosolimitani, il tempio è la sede che ospiterà il Cristo trionfante e rimane l’unica via della salvezza. Alcuni di essi, gli Zeloti, credono che l’avvento del regno di Dio possa essere anticipato da azioni di lotta antiromane, che dovrebbero indurre Dio ad intervenire e instaurare il suo Regno. Convinti che Roma sia in fase di declino, gli Zeloti assaltano e annientano una legione romana (66). Ciò equivale ad una dichiarazione di guerra. Vespasiano giunge in Palestina nel 67 e gli occorrono tre anni per conquistare Gerusalemme. Il tempio viene distrutto, il sinedrio abolito, la Giudea staccata dalla Siria e amministrata come provincia imperiale autonoma. Da questo momento, per tutti gli ebrei il tempio viene a perdere il suolo primario e acquistano importanza le Sacre Scritture, ossia la Legge, tanto cara a San Paolo. Il pio ebreo è tenuto ad osservare la Legge e i sacri costumi da essa previsti.
Nel 131 Adriano emana una serie di editti allo scopo di indurre gli ebrei ad abbandonare il loro peculiare stile di vita e ad integrarsi con le altre popolazioni dell’impero. Ciò contribuisce a scatenare l’ennesima rivolta, che è meticolosamente pianificata e guidata da Ben Koseba, un rude militare, che viene salutato come messia. Affidandosi ad azioni di guerriglia, egli riesce a resistere per tre anni, durante i quali infligge consistenti perdite ai romani, prima di essere sopraffatto e ucciso (135). È la fine di un sogno, e questa volta, a quanto pare, senza possibilità di ritorno.
Da questo momento non ha più senso la distinzione fra ebrei di Palestina e non: adesso gli ebrei sono uguali fra loro e si distinguono per certe consuetudini (circoncisione, festività, rispetto del sabato, fede nel messia e nell’unico Dio). Si chiude così il capitolo della storia ebraica legato al tempio e alla Palestina.
Intanto Adriano avvia i lavori di ricostruzione di Gerusalemme, che ora si chiama Aelia Capitolina. In seguito, Antonino Pio (138-61) attenua la legislazione antiebraica introdotta da Adriano e rende legale la pratica del giudaismo. I cristiani però non vedono di buon occhio gli ebrei, che ritengono colpevoli di deicidio, mentre, da parte loro, gli ebrei non sono disposti a credere nella natura divina di Cristo.
La situazione procede così, senza tanti scossoni, per un paio di secoli, fino a quando Costantino non intraprende una politica filocristiana, il che offre il destro ai cristiani di attuare vere e proprie campagne persecutorie contro gli ebrei. All’indomani del concilio di Nicea (325) viene costruita a Gerusalemme una basilica e la popolazione palestinese si cristianizza. I successori di Costantino persistono nella politica filocristiana ed emanano provvedimenti antiebraici, come quello che vieta loro il matrimonio con cristiani o il possesso di schiavi. Da parte loro, gli ebrei si sentono ingiustamente danneggiati da questa politica e accusano i cristiani di essersi appropriati indebitamente delle loro Scritture Sacre, di cui si avvalgono per perseguitarli.
Uno spiraglio si apre per gli ebrei sotto Giuliano (361-3), il quale cambia politica, questa volta in senso anti-cristiano, e si impegna a ricostruire il tempio. Molti ebrei vedono in questi eventi il segno che sta per arrivare il messia, mentre i cristiani sono costernati. Per loro fortuna, Giuliano viene ucciso e gli succede Gioviano, un imperatore cristiano, che riporta tutto come prima, finché, sotto Teodosio, il cristianesimo diviene religione di Stato (391). Per gli ebrei è un duro colpo e la loro situazione non cambia dopo che, alla caduta dell’impero d’Occidente, la Palestina passa sotto la dominazione di Costantinopoli.

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