lunedì 7 settembre 2009

01. I Greci

Agli inizi del V secolo, le poleis elleniche si trovano a fronteggiare la Persia che si sta espandendo. La vittoria di Maratona (490), riportata da Milziade, crea negli ateniesi la coscienza di aver salvato la Grecia intera ed è all’origine della vocazione imperiale della città. Ma, dopo un decennio, i persiani ritornano con un esercito ancora più numeroso e tale da rendere impossibile ogni resistenza. Gli ateniesi prendono allora la decisione di abbandonare la città e si rifugiano nelle navi. I persiani possono così entrate ad Atene e incendiare l’acropoli, ma la flotta greca, comandata dall’ateniese Temistocle e dallo spartano Euribiade, riporta un’importante vittoria a Salamina (480), che induce il re persiano Serse a fare ritorno in patria, mentre le sue truppe di terra continuano la guerra al comando del generale Mardonio, che viene sconfitto a Platea (479).
Nel 477 Atene assume la direzione della lega di Delo, una vasta confederazione di poleis, che si impegnano a collaborare in condizioni di parità, per cacciare definitivamente i persiani fuori dal suolo ellenico. Solo che però Atene comincia a comportarsi in modo autoritario e tratta le alleate come città satelliti, proprio mentre, al proprio interno, si va affermando un regime democratico. La vittoria definitiva sui persiani viene riportata dall’ateniese Cimone presso l’Eurimedonte (468), ma solo un ventennio dopo si riesce a firmare la pace di Callia (449), in cui i persiani si impegnano a non inviare altri eserciti in Grecia. Finiscono così le guerre persiane, anche se la Persia continuerà ancora a lungo a far pesare la sua presenza sul mondo greco.
Atene è ora la prima potenza in Grecia e, sotto Pericle (461-29), la sua democrazia si va consolidando insieme al suo imperialismo, che però non è gradito alle città sottomesse, che, in più riprese, si ribellano (la Beozia nel 447, Megara nel 446, l’Eubea nel 445, Samo nel 439), ma, puntualmente, con la forza, vengono ricondotte all’obbedienza e costrette a pagare un tributo.
Ne approfitta Sparta, che si fa paladina delle libertà greche minacciate. Le sue relazioni con Atene peggiorano, fino a degenerare in una vera e propria guerra, che praticamente coinvolge tutta la Grecia, la cosiddetta guerra del Peloponneso (432-404), che sarà conosciuta nei secoli grazie alle Storie di Tucidide e alle Elleniche di Senofonte. Dal momento che afferma di combattere per la libertà della Grecia, Sparta riscuote le maggiori simpatie e ha al suo fianco la maggioranza delle città continentali. Atene invece può contare sul suo impero marittimo dell’Egeo, sulla Macedonia, sulla Tracia e sull’Asia Minore.
Riconoscendo la propria inferiorità sulla terraferma, Pericle evita lo scontro terrestre e ordina ai suoi di rifugiarsi entro le mura della città, gli ateniesi costruiranno la loro vittoria sul mare. Gli spartani possono devastare l’Attica a piacimento, ma nulla possono contro le mura di Atene. La strategia di Pericle sembra funzionare, ma una grave pestilenza scoppiata nella città affollata decima la popolazione e uccide lo stesso Pericle (429). Ne raccoglie l’eredità il bellicista Cleone, che reprime con energia la rivolta di Militene e di Lesbo (428-7) e riporta una vittoria sui nemici a Sfacteria (425), ma non può evitare la defezione di molti alleati di fronte all’offensiva spartana in Tracia (424).
Alla sua morte (422) prevale il partito dei conservatori pacifisti guidato da Nicia, il quale firma una pace per 50 anni (421), che però non viene rispettata, soprattutto da parte degli alleati di Sparta, e così le ostilità ricominciano (418), con una potenza spartana rafforzata da un’alleanza con la Persia (423-04).
Su proposta dell’ambizioso Alcibiade, Atene allarga il suo campo di azione e tenta di conquistare le coste siciliane, sperando così di accrescere la propria potenza e accerchiare in qualche modo il nemico, ma la spedizione si conclude una sconfitta disastrosa e la distruzione della flotta (415-3), di cui approfittano alcuni alleati per staccarsi da Atene, proprio mentre Sparta riceve dalla Persia consistenti aiuti, anche di tipo finanziario (412).
La situazione ad Atene si fa critica e offre lo spunto alla minoranza aristocratico-conservatrice di instaurare un governo oligarchico (411). Ma la città reagisce e ripristina la democrazia (410), anche se non è più in grado di lottare per la vittoria. L’ultima affermazione militare viene riportata dalla flotta alle isole Arginuse (406), ma si conclude con la condanna a morte degli strateghi, colpevoli di non aver prestato adeguato soccorso ai marinai caduti in mare. Sparta si rifà con la vittoria di Egospotami (405), che lascia Atene priva di flotta e ormai costretta a capitolare senza condizioni.
Lo spartano Lisandro entra nella città, ne fa distruggere le mura, ne confisca la flotta e le impone il governo oligarchico dei Trenta Tiranni (404), che però è inviso alla popolazione e viene ben presto rovesciato da Trasibulo, che restaura la democrazia, mentre la città sta attraversando un momento disastroso sotto il profilo economico. Sparta abbatte anche i governi democratici delle città dell’ex impero ateniese e li sostituisce con governi oligarchici composti ciascuno di dieci uomini (decarchie) e sorvegliati da governatori spartiati, i cosiddetti armosti, così che il suo dominio comincia ad essere considerato ben più pesante di quello ateniese.
Desiderose di liberarsi dalla dominazione oligarchica spartana, alcune città (Corinto, Atene, Tebe, Argo) si sollevano e vengono appoggiata dalla Persia, che non ha ancora rinunciato alle sue mire in Grecia. Anche Atene si avvantaggia del sostegno economico dei persiani e ricostruisce le sue mura e la sua flotta.
Adesso Sparta si trova a combattere su due fronti: contro altre poleis e contro i persiani (400-386). Nel 394 essa riporta un paio di vittorie, ma deve subire una sconfitta nella battaglia di mare a Cnido, ad opera del generale ateniese Conone, che comanda anche la flotta persiana. Alla fine, gli spartani tornano ad allearsi con la Persia (pace di Antalcida, 386), alla quale cedono l’Asia Minore. Da parte sua, Atene ricostituisce una confederazione marittima (377) e sconfigge gli spartani nella battaglia navale di Nasso (376), riconquistando così l’egemonia nell’Egeo.
Qualche anno dopo, Tebe inaugura il suo seppur breve periodo di egemonia, grazie al genio militare di Epaminonda, che sconfigge gli spartani a Leuttra (371) e infrange il mito della loro imbattibilità. Adesso il nemico da battere è Tebe, e Atene non esita ad allearsi con Sparta (369), mentre all’interno della propria confederazione ripropone il vecchio clichè di stampo imperialista. Per Tebe è un momento magico. Dopo essere sceso nel Peloponneso e liberato la Messenia dal dominio spartano, Epaminonda riporta una nuova vittoria a Mantinea (362), dove però perde la vita.
Da questo momento Sparta si chiude in se stessa e non partecipa alla lotta contro il nuovo pericolo che si profila in Macedonia. Dal canto suo Tebe non si rivela in grado di ripetere le gesta di Epaminonda e deve cedere la sua supremazia ad Atene (360), che però è costretta a subire la rivolta vittoriosa degli alleati (357) e si avvia anch’essa al declino.

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